La Quantitative Supply Chain: cos'è e come funziona

L'ottimizzazione quantitativa della supply chain, o, in breve, Quantitative Supply Chain, è una prospettiva più ampia sulla supply chain, che mira a trarre il massimo dall'intelligenza umana coniugandola con le risorse di calcolo dei moderni computer. Tale prospettiva non ha certo la pretesa di essere la soluzione universale e definitiva a tutte le sfide poste dalla supply chain, ma di offrire un approccio complementare e applicabile in quasi tutti i casi per migliorare la situazione.

La Quantitative Supply Chain aiuta le aziende a migliorare la qualità del servizio, ridurre eccedenze di magazzino e write off, dare slancio alla produttività, diminuire prezzi di acquisto e costi operativi, e molto altro. Le sfide poste dalla logistica variano enormemente a seconda della situazione: la supply chain quantitativa si adatta a questa varietà e offre i mezzi per gestirne la complessità. Per i professionisti del settore abituati a metodi di ottimizzazione più tradizionali, però, la Quantitative Supply Chain può apparire incomprensibile.

Qui di seguito passeremo in rassegna gli elementi di base per l'ottimizzazione quantitativa della supply chain, ne esamineremo e chiariremo gli obiettivi, vedremo funzioni e capacità necessarie al personale incaricato e, infine, daremo uno sguardo d'insieme alla metodologia associata alla Quantitative Supply Chain.


Gli obiettivi

Con l'unica eccezione delle piccole imprese, la supply chain richiede che vengano prese milioni di decisioni ogni giorno. Per ogni unità tenuta a magazzino, l'azienda si trova a dover decidere ogni giorno se lasciare l'unità nella posizione in cui si trova o spostarla altrove. La stessa logica va applicata anche alle unità non ancora esistenti, ma che potrebbero essere prodotte o acquistate. Persino non prendere alcuna decisione significa prendere una decisione.

La Quantitative Supply Chain ha l'obiettivo di ottimizzare i milioni di decisioni che ogni azienda deve prendere ogni giorno. Poiché parliamo di milioni, se non miliardi, di decisioni, i computer hanno un ruolo centrale nelle iniziative di questo tipo. Non c'è da stupirsi, dato che la logistica è stata una delle prime funzioni aziendali, dopo la contabilità, a essere digitalizzata già alla fine degli anni '70: la Quantitative Supply Chain, però, si spinge ancora più oltre.

Negli ultimi vent'anni, numerosi sono stati i tentativi di creare “la supply chain del futuro”: troppo spesso, però, queste iniziative non hanno fatto altro che portare il caos nelle supply chains, combinando effetti del modello black box a sistemi di automazione fallimentari, con il risultato di generare decisioni tanto sbagliate e problemi tanto frequenti da non poter essere riparati manualmente.

In una certa misura, la Quantitative Supply Chain nasce da questi errori: invece di fingere che il sistema conosca l'attività meglio di chi la dirige, è necessario che il sistema esegua gli ordini dei manager, ma con un livello più alto di affidabilità, chiarezza e agilità. La tecnologia software, se fatta bene, è un vantaggio innegabile, ma eliminare del tutto l'intervento umano, considerando le capacità dei software attuali, non è un'opzione fattibile.

La conseguenza più immediata di ciò è che serviranno due software distinti, uno per tenere traccia di prodotti, materiali e altre risorse, l'altro per ottimizzare le decisioni dell'azienda. Qualsiasi software di tipo ERP, WMS, MRP o OMS si concentra principalmente sul funzionamento dei processi messi in atto dall'azienda e sul flusso di dati. Naturalmente, non c'è nulla di male nel voler automatizzare i compiti amministrativi e rendere più semplice l'inserimento dei dati, anzi. Il punto è che queste attività non incidono minimamente sul problema che vogliamo risolvere, ossia aumentare le capacità dell'azienda di eseguire ordini umani rispettando i ritmi e operando sulla scala richiesta dalla supply chain.

Tuttavia, non si può ottimizzare ciò che non si misura, e la Quantitative Supply Chain, come suggerisce il nome, è proprio una questione di misure. Le decisioni che riguardano la logistica (acquistare scorte, spostare scorte) hanno delle ripercussioni, che devono poter essere valutate in termini finanziari (in dollari, ad esempio) attraverso solidi parametri aziendali. Per ottenere parametri aziendali solidi è però necessario un duro lavoro. Uno degli obiettivi della Quantitative Supply Chain è proprio quello di aiutare ogni azienda a stabilire i propri parametri, che avranno un ruolo fondamentale alla fine di ogni progetto: serviranno infatti a determinare il ritorno sull'investimento (ROI) dell'intero progetto relativo alla supply chain.

Infine, come accennavamo prima, la Quantitative Supply Chain non è un paradigma universale e non ha l'ambizione di riparare o migliorare tutti gli aspetti della supply chain. Non ha la pretesa di aiutare l'azienda a trovare fornitori affidabili o partner logistici di fiducia. Non promette di facilitare l'assunzione di personale di talento o di motivare i dipendenti. Ma, grazie al suo campo d'azione specifico, la Quantitative Supply Chain è realmente in grado di offrire risultati tangibili.

Le figure e i ruoli

La Quantitative Supply Chain richiede una quantità sorprendente di risorse umane, anche quando si ha a che fare con supply chains su larga scala. Sono però necessarie risorse specifiche, che vedremo in dettaglio in questa sezione. Prima di passare in rassegna ogni singolo ruolo, sarà bene precisare uno dei principi di base della Quantitative Supply Chain: l'azienda deve capitalizzare qualsiasi intervento umano.

Questo principio sembra andare contro quello che avviene nella pratica con le soluzioni logistiche tradizionali, dove le energie umane sono consumate dalla soluzione, non capitalizzate. Per non bloccare il flusso continuo di decisioni da prendere, serve un flusso continuo di dati da immettere manualmente nella soluzione. Questi interventi manuali possono assumere diverse forme: regolare i profili stagionali, gestire eccezioni e allerte, ritoccare previsioni bizzarre, e via di seguito.

La Quantitative Supply Chain tenta di invertire la prospettiva: qui, infatti, non si parte dal presupposto che la manodopera umana è troppo costosa, ma che l'esperienza in ambito logistico e la conoscenza del mercato in cui si opera sono punti di forza rari e preziosi, che non possono essere sprecati in compiti ripetitivi. Deve invece essere risolta la causa principale degli interventi manuali: se i valori della previsione sono sballati, è inutile correggere i valori; meglio, invece, rivedere i dati di input o lo stesso algoritmo di previsione. Se si continua a intervenire manualmente, si sceglie di scontrarsi sempre con gli stessi problemi.

Le dimensioni del team addetto all'esecuzione della Quantitative Supply Chain variano a seconda delle dimensioni della supply chain stessa: in generale, sono necessari da un minimo di un solo dipendente a tempo pieno (per le imprese con un fatturato inferiore a 20 milioni di dollari) a un massimo di una decina di persone (se il magazzino ha un valore di diversi miliardi di dollari).

Il Supply Chain Leader (leader della supply chain): passare alla Quantitative Supply Chain significa attuare una vera rivoluzione culturale. Per mettere in atto tutte le modifiche necessarie, sono essenziali una solida leadership e il sostegno dei dirigenti di più alto livello dell'azienda. Troppo spesso, i responsabili della logistica ritengono di non avere il tempo per impegnarsi direttamente in quelli che considerano “tecnicismi” di una soluzione. La Quantitative Supply Chain, tuttavia, si basa sull'esecuzione di strategie su scala: non condividere le strategie con l'intero team è la ricetta per il fallimento. Ai manager non viene quindi richiesto di individuare tutti gli indicatori e i KPI rilevanti (cosa che richiederebbe sforzi considerevoli), ma di essere in grado di affrontare le sfide che questi pongono.

Il Supply Chain Coordinator (coordinatore della supply chain): se la Quantitative Supply Chain in sé non richiede un largo impiego di personale, la supply chain sì - o, almeno, un impiego discreto di personale. Non coinvolgere tutte le figure fondamentali può portare a confusione o al rallentamento del progetto. Compito del coordinatore è quindi quello di raccogliere tutto il feedback interno necessario per il progetto e comunicare con tutte le parti coinvolte. Il coordinatore, inoltre, definisce i processi da seguire, chiarisce le decisioni da prendere e raccoglie il feedback su indicatori e KPI da utilizzare per ottimizzare le decisioni. Infine, si assicura che la soluzione sia corrispondente ai flussi di lavoro dell'azienda, pur riservandosi la possibilità di rivedere tali flussi di lavoro in stadi più avanzati del progetto.

Il Data Officer (responsabile dati): la Quantitative Supply Chain è incentrata sui dati. Ogni progetto deve quindi poter accedere ai dati in una prospettiva di elaborazione dei dati. Di fatto, il progetto non consiste semplicemente nel leggere qualche riga di dati nel sistema dell'azienda, ma nell'elaborare l'intero storico delle vendite, l'intero storico degli acquisti, tutto il catalogo prodotti, e così via. Il responsabile dati è solitamente delegato dal reparto informatico dell'azienda per occuparsi del progetto: tra i suoi compiti rientrano l'automazione della logica di estrazione dei dati e la programmazione di questa stessa logica in vista di estrazioni di dati giornaliere. L'attività del responsabile dati si concentra, quindi, nella fase iniziale del progetto.

Il Supply Chain Scientist (esperto della supply chain): questa figura utilizza la tecnologia (vedremo più avanti come) per combinare gli spunti raccolti dal coordinator e i dati estratti dal data officer, al fine di automatizzare la produzione di decisioni. Il supply chain scientist comincia con la preparazione dei dati, un compito molto più difficile di quanto possa apparire dall'esterno, per cui avrà bisogno del supporto del coordinator, che dovrà interagire con tutti coloro che hanno prodotto i dati per chiarire eventuali dubbi o ambiguità. In seguito, il supply chain scientist formalizza la strategia da utilizzare per prendere le decisioni (ad esempio, per stabilire le quantità di riordino consigliate). Infine, crea pannelli di controllo e definisce una serie di KPI per garantire chiarezza, trasparenza e controllo.

Per le aziende di medie dimensioni, è spesso di grande beneficio lasciare che la stessa persona ricopra i ruoli sia di coordinator, sia di data officer: combinare le due funzioni richiede una serie di abilità non comuni da trovare nello stesso dipendente, ma, se esiste qualcuno con tutti i requisiti, affidare entrambi i compiti alla stessa persona è utile a velocizzare il progetto. Per le grandi aziende, è un vantaggio considerevole se il coordinator è in grado di familiarizzare con i database man mano che il progetto va avanti: poiché, infatti, il panorama informatico è in continua evoluzione, anticipare i cambiamenti e capire come questi potranno condizionare il progetto contribuisce enormemente al corretto svolgimento delle operazioni.

Piani di abbonamento a un account gestito Lokad Trovare qualcuno in grado di ricoprire la funzione di supply chain scientist può essere difficoltoso per le aziende che, negli anni, non hanno coltivato la scienza dei dati. In questo caso, Lokad sarà ben lieta di supportare i progetti relativi alla supply chain e offrire la collaborazione di un “esperto come servizio” attraverso il piano tariffario Premier. Oltre a fornire la formazione necessaria per avviare il progetto, Lokad dedicherà il proprio tempo e le proprie risorse all'implementazione della logica per calcolare decisioni ed elaborare i pannelli di controllo, con tutta la chiarezza e il controllo necessari a convincere i vertici aziendali della necessità del progetto.

La tecnologia

Finora non siamo entrati nei dettagli della tecnologia software necessaria a supportare la Quantitative Supply Chain. Eppure, il ruolo della tecnologia è centrale per la riuscita o il fallimento di un progetto di questo tipo. A livello teorico, il software utilizzato dovrebbe poter essere implementato di nuovo da zero, in ogni sua parte, ma, a livello pratico, il supply chain scientist deve poter contare su una soluzione affidabile per assicurare un minimo di produttività. Ci sono poi alcune funzionalità, come la previsione e l'ottimizzazione numerica, che richiedono un impegno significativo in termini di ricerca e sviluppo e che vanno ben al di là di quanto potrebbe ottenere un esperto di dati durante lo svolgimento di un singolo progetto.

Il primo requisito per la Quantitative Supply Chain è una piattaforma dati con abilità programmatiche. Ovviamente, l'accesso a una piattaforma dati pensata in modo specifico per la gestione dei dati e dei problemi relativi alla supply chain è di grande aiuto. Parliamo di una piattaforma dati perché, se oggi qualsiasi workstation desktop è in grado di archiviare diversi terabyte di dati, ciò non significa che basti uno strumento qualsiasi a offrire tutte le proprietà più adatte a svolgere un progetto di questo tipo (affidabilità a fronte di fallimenti hardware, controllabilità per tutti gli accessi, compatibilità con l'esportazione dati, e via di seguito). Inoltre, dato che i set di dati relativi alla supply chain sono di dimensioni considerevoli, la piattaforma dati dovrebbe offrire maggiore scalabilità o, in altre parole, dovrebbe essere in grado di elaborare grandi quantità di dati in breve tempo.

La piattaforma dati richiede abilità programmatiche, ossia la possibilità di implementare ed eseguire teoricamente qualsiasi logica di elaborazione dei dati. Tali abilità sono fornite attraverso un linguaggio di programmazione. La programmazione è ritenuta giustamente una capacità molto tecnica, per cui molti venditori fomentano il timore dei clienti di doversi confrontare con una soluzione che richieda “programmazione” per propinare ai propri utenti interfacce semplici, piene di pulsanti e menu. Tuttavia, quando un team incaricato di aggiornare la supply chain si vede negare la possibilità di programmare, non può fare altro che usare una quantità straordinaria di fogli Excel, perché Excel offre proprio quelle abilità programmatiche che mancano, attraverso formule matematiche che possono diventare anche molto complicate. Per farla breve, le abilità programmatiche sono tutt'altro che un optional: sono un requisito necessario.

Infine, esistono vantaggi considerevoli nell'utilizzare una piattaforma dati pensata specificamente per la supply chain. Le piattaforme dati sono utili in tantissimi campi, ad esempio nel trading quantitativo, come quello eseguito da banche e fondi di investimento, che ha necessità simili. A differenza del trading ad alta frequenza, però, le decisioni riguardo la supply chain non richiedono latenze di millisecondi. Il design di una piattaforma dati deve essere basato, da una parte, su compromessi di ingegneria e, dall'altra parte, su un ecosistema software che parta dai formati di dati supportati; questi due aspetti, poi, devono adattarsi perfettamente alle sfide poste dalla supply chain.

Il secondo mezzo imprescindibile per la Quantitative Supply Chain è un motore di previsione probabilistica: si tratta di un software in grado di assegnare una probabilità a ogni possibile scenario futuro. Le previsioni di questo tipo sembrano a prima vista sconcertanti, perché vanno contro l'idea comunemente diffusa di cosa significa prevedere il futuro. La chiave è nella parola “incertezza”: il futuro non è certo e ridurre le previsioni a un solo scenario futuro vuol dire andare incontro a un errore certo. L'approccio classico alle previsioni nega l'incertezza e la variabilità, fornendo così alle aziende previsioni che dovrebbero essere accurate, ma che tali non sono. Un motore di previsione probabilistica affronta il problema di petto ricorrendo alle probabilità.

Se applicate alla supply chain, le previsioni probabilistiche si articolano solitamente in due fasi, la prima per la previsione dei lead time e la seconda per la previsione della domanda vera e propria. La prima è una previsione probabilistica a tutti gli effetti: viene infatti assegnata una probabilità a tutte le possibili durate del lead time, di solito espresse in giorni. È una previsione probabilistica anche la seconda, che viene elaborata a partire dalla previsione dei lead time, in modo che l'orizzonte considerato dalla previsione della domanda combaci con i lead time, che sono già incerti di per sé.

Il motore di previsione probabilistica produce una serie di distribuzioni di probabilità, quindi una quantità di dati molto superiore rispetto a quella elaborata dai motori di previsione classici. Questo non rappresenta un problema, ma, per evitare che si crei troppa frizione durante l'elaborazione di una serie corposa di probabilità, è necessario un livello di cooperazione più elevato tra la piattaforma dati e il motore di previsione.

La dotazione tecnologica di Lokad Potremmo dire che la tecnologia di Lokad è stata pensata per rispondere alle esigenze della Quantitative Supply Chain, ma, in realtà, si è trattato esattamente del contrario. Il reparto ricerca e sviluppo di Lokad ha scoperto un tipo di previsione, quella probabilistica, e dei modelli di elaborazione dei dati molto più adatti a gestire le sfide poste dalla supply chain rispetto ai modelli tradizionali. Ci siamo resi conto della portata di questa scoperta quando abbiamo osservato prestazioni di livello costantemente superiore non appena questi elementi sono stati inseriti nelle nostre soluzioni. Questo ci ha portati ad adottare la prospettiva della Quantitative Supply Chain, al fine di chiarire che tipo di lavoro svolge Lokad. Lokad dispone sia di una piattaforma di elaborazione dati, che abbiamo ribattezzato Envision, sia di un motore di previsione probabilistica. La supply chain quantitativa ha dunque radici molto empiriche.


Le fasi del progetto

La Quantitative Supply Chain trae origine dalle attività di ricerca e sviluppo nell'ingegneria del software, oltre che dalle migliori pratiche conosciute nell'ambito della scienza dei dati. La metodologia è fortemente iterativa, con un'enfasi minore sulle specifiche preliminari, e maggiore su agilità e capacità di affrontare problemi/risultati imprevisti. Si tratta di un approccio meno tradizionale, che coglie spesso di sorpresa le aziende meno strettamente legate all'industria del software.

La prima fase consiste nella definizione del campo d'azione, ossia nel determinare di quali decisioni legate alla supply chain dovrà occuparsi il progetto. Questa fase è anche utile ad analizzare e prevedere la complessità del processo decisionale e dei relativi dati.

La seconda fase è quella di preparazione dei dati e consiste nello stabilire una configurazione automatica, che consenta di copiare tutti i dati di interesse dai sistemi aziendali a una piattaforma di analisi, e nel preparare i dati per l'analisi quantitativa.

La terza fase è la fase pilota: questo passaggio prevede l'implementazione di una logica iniziale per la presa di decisioni (ad esempio, che stabilisca le quantità suggerite per il riordino), in grado di migliorare i processi applicati precedentemente dall'azienda. Questa logica dovrà essere completamente automatizzata.

La quarta fase è quella di produzione, dedicata, cioè, alla messa in opera del progetto, alla verifica e al mantenimento delle prestazioni, alla definizione del grado di precisione desiderato per i modelli relativi alla supply chain.

La definizione del campo d'azione è la fase più semplice: questa consiste, infatti, nell'identificare le decisioni più frequenti legate alla supply chain, che il progetto dovrà occuparsi di ottimizzare. Queste decisioni possono riguardare diversi vincoli di approvvigionamento (come quantitativi minimi di ordine, spedizioni via container, capacità massima del magazzino, e via di seguito), che vanno analizzati con attenzione; oppure possono essere associate ai driver economici dell'azienda (costi di mantenimento a magazzino, costi di una rottura di stock, margine lordo, e così via), che, ancora una volta, devono essere studiati approfonditamente. Infine, è necessario identificare i dati storici rilevanti, estrapolandoli dai sistemi in uso all'interno dell'azienda.

La fase successiva, quella della preparazione dei dati, è invece la più difficile, tanto che gran parte degli errori si verifica proprio in questo passaggio. Accedere ai dati e interpretarli è infatti vista spesso come un'attività di importanza secondaria. Per di più, i sistemi operativi da cui vengono estratti i dati (es. ERP, MRP, WMS, OMS) sono progettati per mandare avanti l'azienda, non per registrare e archiviare dati. Di qui il gran numero di difficoltà che si presentano in questa fase. Di fronte a un imprevisto, molte aziende hanno l'infelice intuizione di tornare indietro e scrivere specifiche complete: si tratta, però, di un passo falso, poiché le specifiche riescono a coprire solo le difficoltà già note o, comunque, prevedibili. Tutti gli errori più gravi che si verificano a questo punto, però, sono dovuti a elementi imprevedibili.

Nella realtà, i problemi emergono solo quando si inizia a utilizzare i dati per generare decisioni. Se le decisioni danno risultati sbagliati, mentre la logica è considerata corretta, allora il problema risiede nei dati. Poiché le decisioni prese sulla base di dati sono naturalmente sensibili ai problemi in essi presenti, queste rappresentano un ottimo modo per scoprire quanto controllo ha l'azienda sui propri dati. Inoltre, questo procedimento contribuisce a rifinire i dati e interpretarli in modo che abbiano senso per l'azienda, al fine di restituire un valore aggiunto. Per tutti questi motivi, è assolutamente ragionevole concentrare i propri sforzi sui problemi che hanno l'impatto maggiore sulle decisioni guidate da dati.

La fase pilota è quella in cui la gestione della supply chain viene messa alla prova. Certo, accettare che il futuro sia incerto (e adottare dunque le previsioni probabilistiche) potrebbe sembrare una mossa controintuitiva. A ben vedere, però, i metodi di previsione tradizionali (come previsioni settimanali o mensili, scorte di sicurezza, copertura, avvisi o analisi ABC) fanno più male che bene. Ciò non significa che la Quantitative Supply Chain possa essere applicata senza alcun controllo: anzi, sarà necessario misurarne e monitorarne le prestazioni. Tuttavia, molte delle pratiche tradizionali relative alla supply chain tendono a inquadrare i problemi in modalità che non sono compatibili con la risoluzione dei problemi stessi. Durante la fase pilota, quindi, una delle sfide più importanti che i responsabili della supply chain dovranno affrontare sarà quella di aprire gli orizzonti e non reintrodurre nel progetto quegli ingredienti che potranno generare inefficienze più tardi. Non si può non curare la causa e dare la colpa alla conseguenza.

Una volta sistemati i dati, occorre mettere alla prova anche il supply chain scientist e le tecnologie usate, poiché sarà necessario implementare una logica in grado di generare decisioni in un arco di tempo piuttosto breve. L'obiettivo iniziale è quello di produrre decisioni che sembrino ragionevoli agli esperti del settore, ma che non siano ritoccate manualmente, in alcun modo. Ricordiamo di non sottovalutare mai le difficoltà insite nel generare decisioni automatizzate che siano perfettamente sensate. I sistemi tradizionali per la gestione della supply chain richiedono numerose correzioni manuali anche solo per funzionare: introduzione di nuovi prodotti, promozioni, rotture di stock... sono tutti elementi che richiedono un intervento manuale. La Quantitative Supply Chain stabilisce una nuova regola: per le operazioni puramente “amministrative” non sono ammessi interventi manuali di alcun tipo, poiché tutti i fattori devono essere già integrati nella logica.

Qui entra in gioco il supply chain coordinator, che raccoglie tutti i fattori, i flussi di lavoro e le specificità che devono essere integrati nella logica. A questo punto, il supply chain scientist può implementare la prima serie di KPI associati alle decisioni. I KPI vengono introdotti per evitare l'insorgere dell'effetto blackbox, che si presenta quando vengono utilizzati metodi numerici avanzati. È importante ricordare che i KPI devono essere stabiliti insieme al supply chain leader, che dovrà assicurarsi che gli indicatori siano in linea con la strategia dell'azienda.

La fase di produzione serve infine a stabilizzare il progetto e metterlo in opera. La logica individuata viene utilizzata per produrre attivamente delle decisioni, i cui risultati vengono monitorati con attenzione. Poiché le iniziative riguardanti la supply chain implicano lead time più o meno lunghi, possono essere necessarie settimane, se non mesi, prima di poter valutare i risultati raggiunti. Per questo è importante, durante la fase di produzione, rallentare i ritmi del progetto, in modo da poter dare giudizi affidabili sulle prestazioni delle decisioni automatizzate. Il progetto giunge così a una fase di continuo miglioramento. Sebbene continuare a rifinire la soluzione sia in sé un lodevole proposito, è bene però ricordare di non lasciarsi prendere troppo la mano dai continui miglioramenti (e dai vantaggi che potrebbero derivarne) a scapito della fluidità della soluzione.

Il supply chain coordinator, ormai libero dal compito di inserire dati, può ora concentrarsi sulle strategie e le analisi fornite dai responsabili della supply chain. Solitamente, se durante la fase pilota si individuano modifiche da apportare al processo logistico, queste vengono lasciate in sospeso per evitare di interrompere il progetto e dover ricominciare tutto daccapo. A questo punto, però, dato che i ritmi di esecuzione del progetto rallentano, diventa possibile rivedere i processi e mettere in atto tutte le modifiche che richiedono qualcosa di più che una decisione di routine più attenta.

Il supply chain scientist, dal canto suo, continua ad affinare la logica utilizzata, dedicando maggiore attenzione ai KPI e alla qualità dei dati. Il supply chain scientist sarà inoltre responsabile di rivedere la logica ogni volta che si presenteranno imperfezioni o limiti meno evidenti, legati a imprevisti e situazioni meno comuni. Man mano che i processi vengono rifiniti, la logica decisionale viene adattata per restare in linea con i flussi di lavoro e la strategia dell'azienda. Anche quando i processi interni non vengono modificati, l'architettura informatica o aziendale in generale sono comunque soggette a continue variazioni: compito del supply chain scientist, in questo caso, è quello di assicurarsi che la logica decisionale sia rimodellata per stare al passo con ogni cambiamento all'interno dell'azienda.